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Il protezionismo dei territori è necessario, per alimentare il mercato locale



Quello che sta succedendo in Argentina per alcuni prodotti italiani è sintomatico di come, nonostante tutto, sia possibile attuare un protezionismo sui prodotti locali, infatti, si sta registrando un calo nelle vendite della pasta ed altri prodotti importati dall'Italia.

L'Ambasciatore italiano in Argentina ha subito cercato di "sminuire" il fenomeno, perché le esportazioni fatte in Europa ed in Italia, sono molto maggiori, e quindi l'Argentina non può solo vendere e rifiutarsi di comprare, ma intanto.....vedremo....

Non si comprendono per quali motivazioni, ad esempio, invece di acquistare prodotti che sono realizzati e/o confezionati in Italia, che creano occupazione locale, si alimentano i mercati esteri, arrivando perfino al punto di avere numerose aziende italiane, che per mere ragioni capitalistiche, decidono di delocalizzare l’attività all’estero, creando occupazione in quei paesi.

L’Italia dovrebbe avviare una politica specifica nel settore, possibilmente cercando di concordarla anche con la Comunità Europea, ma visto anche l’atteggiamento della Germania, che non ha esitato a prendere decisioni unilaterali per il proprio mercato, non penso che sia attuabile, almeno in tempi ragionevoli.

Certamente riuscire ad attuare una politica europea di protezione e rafforzamento del mercato interno sarebbe molto migliore, ma ritengo che sia molto difficile, come pure farlo a livello nazionale, mentre a livello regionale ritengo che la strada possa essere percorribile, anche se i piccoli numeri, come quelli della Regione Basilicata, certo non aiuterebbero per un verso, ma consentirebbero di validare un modello più facilmente.

Facendo l’analisi dei prodotti e/o servizi che i cittadini acquistano, sarebbe possibile evincere in modo chiaro la situazione del mercato interno, verificando tutti quelli che già sono prodotti sul territorio ed in che misura potrebbero coprire il mercato.

Immagino ad esempio questa misura straordinaria per favorire l’occupazione, consentire uno sgravio fiscale per i cittadini che comprano i prodotti locali, ipotizzando anche un bollino “territoriale” del tipo, con questo acquisto contribuisci a creare lavoro nel tuo territorio, o qualcosa del genere, lasciando sempre la libertà di scegliere ai cittadini.

I territori dovrebbero, quindi, ricercare l’autosufficienza, ma il dramma è che non vi è nessun dibattito, anche in questo momento che tanto si parla di federalismo fiscale, il nulla più assoluto, questo avviene perché non si ha la capacità di immaginare un futuro diverso dal presente che si è trovato.

Nel corso degli anni molte sono state le occasioni perse, ma ciò non toglie che è possibile ancora intervenire per cercare di modificare il mercato interno, senza “drogarlo” con incentivi momentanei, ma stimolando la domanda, affinché i vari produttori possano garantire occupazione stabile nel tempo.

Non è concepibile, ad esempio, che i produttori di grano, siano costretti a svendere il loro prodotto pur di vendere, perché il mercato è inondato di grano estero che fissa il prezzo, questo avviene anche perché non c’è una politica protezionistica dei nostri prodotti.

L’idea concettuale è, quindi, molto semplice, prima devono essere venduti i prodotti ed i servizi locali, al fine di garantire ed incrementare l’occupazione, mentre chi vuole acquistare gli altri prodotti, può farlo ma con un aggravio dei costi, che vada a costituire un fondo per alimentare gli sgravi fiscali, da utilizzare quale leva ulteriore per “convincere” i cittadini alla scelta consapevole negli acquisti.

Patrizio Pinnaro'

Libero professionista, esperto Google certificato dalla Google Web Academy come Online Professionals, consulente dello sportello regionale per l'internazionalizzazione - Sprint Basilicata, segretario ufficio diocesano pastorale del turismo - Arcidiocesi di Potenza.

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