Come ogni anno si celebra la festa del 1° maggio, con un evidente impegno di risorse economiche da parte dei sindacati, per organizzare il concertone di Roma, come un palliativo momentaneo per distrarre il popolo, eppure da festeggiare c'è ben poco, visto che diminuiscono sempre più i lavoratori.
Mi domando allora, ma perché non fare anche la festa nazionale per i disoccupati ? che secondo l'Istat superano i 2.000.000 di cittadini, magari utilizzandola pure come censimento dell'effettivo numero di persone non occupate ? visto che in molti rinunciano perfino ad iscriversi nelle liste di collocamento.
Un altra festa che si potrebbe pure istituire è quella dei precari, che aspettano con ansia la data della scadenza contrattuale, come una spada di damocle sul proprio capo, da cui dipende il proprio futuro lavorativo e la possibilità di avere o meno un minimo di speranza retributiva...
Ho l'impressione che tutto sia collegato, ad esempio mi sembra che la giustizia sia lenta e farraginosa per alimentare il mercato degli avvocati, che le Università non fissino i tetti massimi di iscritti per garantire la propria esistenza, evitando il surplus di professionisti, che difficilmente troveranno poi uno sblocco lavorativo nell'immediato, che i corsi di formazione vengano organizzati più per alimentare questo settore, che per creare nuovi addetti di cui ha bisogno il mercato....
C'è bisogno, quindi, di una riforma organica del lavoro e di tutto ciò che è legato ad esso, tenendo anche conto delle capacità del singolo, in quanto bisognerebbe garantirlo a tutti, non solo a quelli più bravi, ai più scaltri o con il "santo" in paradiso, ma anche a chi, per motivazioni differenti, non ha avuto la possibilità di sviluppare ed alimentare le proprie doti.
Soltanto pensando anche a chi è rimasto indietro la società riuscirà a raggiungere nuove mete di sviluppo, invece di alimentare sempre più la distanza tra i ricchi, a cui giustamente spetta il riconoscimento di essere stati migliori degli altri, ed i poveri che invece hanno "solo" il diritto di vivere dignitosamente pure loro.
Ma la nostra società è veramente pronta ad aiutare chi è rimasto indietro ? a garantire la dignità ad ogni essere umano ? ad applicare una solidarietà che non sia solo di facciata ed assistenzialista, giusto per lavarsi la coscienza ?
Consideriamo ad esempio la cassa integrazione, che se da un lato garantisce un minimo reddituale a "tempo", dall'altro amplifica la frustrazione dei singoli di ricevere uno stipendio, pagato dalla collettività, senza sentirsi utili per la società, quindi perché non utilizzarli per scopi di finalità sociali ? troppo complicato prevedere una riforma che tenga anche conto dell'utilità degli uomini e non solo dello stipendio ?
Su questi temi dovrebbero interrogarsi i sindacati e fare delle proposte di riforme, invece di celebrare i successi del passato ed ingegnarsi su come agevolare i propri iscritti nelle aziende, perché se è vero che ieri sono state combattute delle giuste battaglie, è pur vero che oggi il sindacato sembra campare sulle rendite del passato, piuttosto che compiere l'avanzamento culturale di cui c'è tanto bisogno.
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