La sfortunata Sarah Scazzi ha “perso” la scena mediatica perché un'altra scomparsa ha preso il suo posto, quello di Yara, una ragazzina di tredici anni di Brembate di Sopra, di cui non si hanno più notizie.
Ed ecco allora tutte le trasmissioni televisive occuparsi del caso, con un accanimento morboso, pronto per colmare ed alimentare nel contempo la sete dei cittadini che vogliono sapere, nel mentre un'altra famiglia vive il dramma della perdita di una figlia.
Fino a che punto è giusto violare il confine del riserbo, pur di accontentare gli spettatori, certo si può cambiare canale, come giustamente evidenziò il Direttore di Telenorba, che in un editoriale disse chiaro e tondo, nessuno vi obbliga a seguire le trasmissioni su Sarah, quindi non vi scandalizzate, a noi interessano gli ascolti, e siccome sono alti ce ne dobbiamo occupare.
Ed ecco allora che quei luoghi fino al giorno prima sconosciuti, salgono alla ribalta nazionale, si trasformano in set cinematografico, e le vite di queste vittime vengono esposte al pubblico giudizio, alla faccia della privacy, che per loro non esiste, ed il garante se ne guarda bene di intervenire, giustamente.
Poi vi è anche un altro aspetto, soprattutto, quando ci sono le indagini e/o i processi ancora in corso, tutta questa fuga di notizie, potrebbe anche agevolare i veri colpevoli o i complici, soprattutto quando si brancola nel buio, con il rischio di dare informazioni anche a chi non ne dovrebbe avere.
Ma tutto questo non conta, sono solo dettagli, dimostrando come l’etica sia solo una parola sterile da sventolare in qualche convegno, sacrificata sull’altare del Dio denaro, per gli ascolti e, quindi, la pubblicità, un rito tribale del terzo millennio.
Quindi ritengo ci vorrebbe almeno un minimo di moderazione, non dico che non se ne debba proprio parlare, questo no, però non in questo modo soffocante, un po’ di rispetto per queste famiglie già sconvolte dal dolore per la tragedia che hanno subito.
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